venerdì 29 maggio 2015

L'ECONOMIA ATTUALE DELL'EX JUGOSLAVIA


BOSNIA

L’economia della Bosnia-Erzegovina risente degli effetti della guerra, che ha comportato la deindustrializzazione del paese e ne ha distrutto le infrastrutture, frenando notevolmente lo sviluppo economico. I servizi partecipano a circa il 67% del pil e occupano circa metà della popolazione. 
I settori d’occupazione principali sono il commercio al dettaglio, l’intermediazione finanziaria, l’immobiliare e l’amministrazione pubblica, che riflette la complessa struttura politica. L’industria conta invece per circa il 25% del pil e, nonostante la deindustrializzazione, il settore minerario è cresciuto molto negli ultimi anni e contribuisce in larga misura alle esportazioni.
La Bosnia-Erzegovina possiede risorse naturali come carbone, ferro, bauxite, manganese, piombo, zinco, rame. L’agricoltura rappresenta poco più dell’8% del pil e occupa il 20% della forza lavoro, in particolare nella Rsb, dove si trova la maggior parte del terreno coltivabile. Le rimesse contribuiscono per circa il 9% al pil. I maggiori partner commerciali sono Croazia e Serbia – membri, assieme alla Bosnia-Erzegovina, dell’Accordo di libero scambio dell’Europa centrale (Cefta) – e l’Unione Europea (in particolare Germania e Italia). Le esportazioni riguardano soprattutto metalli di base e risorse minerarie, mentre il paese importa, in particolare, prodotti alimentari e chimici, macchinari, petrolio e prodotti derivati. La Bosnia-Erzegovina è dipendente al 100% dalle importazioni di petrolio e gas. 
MONTENEGRO

Nell’ ultimo decennio il pil del paese è cresciuto in maniera straordinaria, così come la ricchezza pro capite che è passata dai 1300 dollari del 2000 ai 12.412 attuali. Una crescita frenata dai riflessi esterni sul paese della crisi economica globale del 2008-09. Il potenziale turistico del Montenegro rimane molto elevato. L’ostacolo principale al pieno sviluppo è costituito dalla latente instabilità regionale e dalle carenze infrastrutturali. 
Il sistema economico presenta problemi piuttosto gravi. La disoccupazione, per esempio, affligge più di un terzo della popolazione attiva. Resta il problema della forte corruzione, collegata anche alla capillare presenza di organizzazioni criminali.
Nonostante i problemi, l’economia montenegrina è particolarmente dinamica e nel decennio scorso ha conosciuto tassi di sviluppo superiori al 5%. Dopo la crisi del 2009 (-5,9%), il Montenegro è riuscito ad avviare una buona ripresa nel biennio successivo, per poi riassestarsi su una crescita contenuta. Sotto il profilo energetico, il mercato interno è piccolo e poco sviluppato. Tra le voci dei consumi domina il carbone. 

MACEDONIA

L’economia macedone è molto piccola e tra i paesi balcanici è più grande solo di quella kosovara. Dalla sua indipendenza il paese ha sofferto di un notevole problema di diversificazione industriale, sebbene il settore siderurgico e la metallurgia siano ritenuti fiori all’ occhiello della produzione nazionale. .
Alla crisi economica provocata dalla frammentazione della Iugoslavia hanno fatto seguito, nella seconda metà degli anni Novanta, una crisi iperinflattiva che bloccò la produzione e provocò un aumento delle spese statali destinate alla difesa. Ancora oggi la disoccupazione  rimane una delle cifre più alte al mondo.
Gli aspetti positivi dell’economia macedone consistono invece nel basso debito pubblico, nella crescente integrazione con i mercati mondiali e nella sua capacità di attrarre investimenti. 
Dal 2001 è in vigore un accordo di stabilizzazione con l’Eu, che garantisce al paese accesso senza dazi ai mercati europei. Trattandosi di un paese senza sbocco sul mare, la Macedonia dipende dai suoi vicini per l’accesso alle principali rotte commerciali mondiali. 
L’oleodotto più importante è quello che la collega a Salonicco, in Grecia, capace di trasportare l’equivalente di 50.000 barili di petrolio al giorno. Il mix energetico macedone è dominato dal carbone (più della metà dei consumi).

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