L'ECONOMIA ATTUALE DELL'EX JUGOSLAVIA
BOSNIA
L’economia
della Bosnia-Erzegovina risente degli effetti della guerra, che ha comportato
la deindustrializzazione del paese e ne ha distrutto le infrastrutture,
frenando notevolmente lo sviluppo economico. I servizi partecipano a circa il 67% del pil e
occupano circa metà della popolazione.
I settori d’occupazione principali sono
il commercio al dettaglio, l’intermediazione finanziaria, l’immobiliare e
l’amministrazione pubblica, che riflette la complessa struttura politica.
L’industria conta invece per circa il 25% del pil e, nonostante la
deindustrializzazione, il settore minerario è cresciuto molto negli ultimi anni
e contribuisce in larga misura alle esportazioni.
La
Bosnia-Erzegovina possiede risorse naturali come carbone, ferro, bauxite,
manganese, piombo, zinco, rame. L’agricoltura rappresenta poco più dell’8% del
pil e occupa il 20% della forza lavoro, in particolare nella Rsb, dove si trova
la maggior parte del terreno coltivabile. Le rimesse contribuiscono per circa
il 9% al pil. I maggiori partner commerciali sono Croazia e Serbia – membri,
assieme alla Bosnia-Erzegovina, dell’Accordo di libero scambio dell’Europa
centrale (Cefta) – e l’Unione Europea (in particolare Germania e Italia). Le esportazioni riguardano soprattutto
metalli di base e risorse minerarie, mentre il paese importa, in particolare,
prodotti alimentari e chimici, macchinari, petrolio e prodotti derivati. La
Bosnia-Erzegovina è dipendente al 100% dalle importazioni di petrolio e gas.
MONTENEGRO
Nell’ ultimo decennio il pil del paese è
cresciuto in maniera straordinaria, così come la ricchezza pro capite che è
passata dai 1300 dollari del 2000 ai 12.412 attuali. Una crescita frenata dai
riflessi esterni sul paese della crisi economica globale del 2008-09. Il
potenziale turistico del Montenegro rimane molto elevato. L’ostacolo principale
al pieno sviluppo è costituito dalla latente instabilità regionale e dalle
carenze infrastrutturali.
Il sistema economico presenta problemi
piuttosto gravi. La disoccupazione, per esempio, affligge più di un terzo della
popolazione attiva. Resta il problema della forte corruzione, collegata anche
alla capillare presenza di organizzazioni criminali.
Nonostante i problemi, l’economia
montenegrina è particolarmente dinamica e nel decennio scorso ha conosciuto
tassi di sviluppo superiori al 5%. Dopo la crisi del 2009 (-5,9%), il
Montenegro è riuscito ad avviare una buona ripresa nel biennio successivo, per
poi riassestarsi su una crescita contenuta. Sotto il profilo energetico, il
mercato interno è piccolo e poco sviluppato. Tra le voci dei consumi domina il
carbone.
MACEDONIA
L’economia macedone è molto piccola e tra
i paesi balcanici è più grande solo di quella kosovara. Dalla sua indipendenza
il paese ha sofferto di un notevole problema di diversificazione industriale,
sebbene il settore siderurgico e la metallurgia siano ritenuti fiori all’
occhiello della produzione nazionale. .
Alla crisi economica provocata dalla
frammentazione della Iugoslavia hanno fatto seguito, nella seconda metà degli anni
Novanta, una crisi iperinflattiva che bloccò la produzione e provocò un aumento delle spese
statali destinate alla difesa. Ancora oggi la disoccupazione rimane una
delle cifre più alte al mondo.
Gli aspetti positivi dell’economia
macedone consistono invece nel basso debito pubblico, nella crescente
integrazione con i mercati mondiali e nella sua capacità di attrarre
investimenti.
Dal 2001 è in vigore un accordo di
stabilizzazione con l’Eu, che garantisce al paese accesso senza dazi ai mercati
europei. Trattandosi di un paese senza sbocco sul mare, la Macedonia
dipende dai suoi vicini per l’accesso alle principali rotte commerciali
mondiali.
L’oleodotto più importante è quello che la
collega a Salonicco, in Grecia, capace di trasportare l’equivalente di 50.000
barili di petrolio al giorno. Il mix energetico macedone è dominato dal
carbone (più della metà dei consumi).